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17/12/2021 - 14:38

Letture

L’ultimo capitolo di una carriera sportiva

UN POST ISTRUTTIVO ED ESILARANTE DELLA LASERISTA FRANCESCA FRAZZA – Figlia d’arte dell’ex olimpica e consigliere federale Anna Bacchiega, Francesca racconta in modo originalissimo, coinvolgente e ironico, le gioie e i dolori di 20 anni di Laser

 

Per fortuna, in mezzo a tante inutili facezie (quando va bene), sui social ogni tanto trovi qualche pepita preziosa! Fa niente che è uno scritto lungo (basta con questa storia, chi crede di non avere tempo vada altrove), perché alla prima riga ti ha già catturato, e via giù per tutto il pezzo. Che poi è una storia, lunga e bella, e il modo di raccontarla, benchè si tratti di un addio e quindi con una componente malinconica, la rende esilarante. Noi di Saily abbiamo perciò deciso di riproporla ai nostri lettori. Abbiamo da molto tempo verificato in apposite ricerche che i lettori non si sovrappongono, ma si sommano, quindi molti dei nostri non avranno visto o letto il post che riproponiamo. Leggete e diteci che ve ne sembra! Grazie alla pagina fb di cinghiare.

 

VITA DA FRAFRAZZA: LAST CHAPTER

E così, cari amici, si concludono venti anni in cui avrei potuto fare qualcosa di meglio. Mia madre, il gerarca Anna Maria Bacchiega, in quel lontano giorno di giugno 2001, ha deciso di mettermi in barca. Non avevo dimostrato alcun talento, se non le naturali predisposizioni a rompere il cazzo e a parlare fino allo sfinimento, e così lei aveva ben pensato che nello sport avrei trovato la mia strada.

A quei tempi ero più larga che lunga e si sarebbe fatto prima a saltarmi che non a girarmi intorno e l'unica strada che avrei potuto trovare da sola era quella del gelataio. Non so amici cosa mi abbia fatto appassionare alla fine. Avevo la fobia di tutto, avevo paura dei battelli, dei pesci, di scuffiare e se proprio vogliamo anche na certa paura di mia madre, che proprio in quegli anni teneva il corso. Non me ne poteva proprio fregare un cazzo, ne di scendere in acqua, ne di stare a contatto con la natura, che poi il lago oltretutto puzzava di pesci morti e malattie. C'era poi l'aggravante che mio cugino sembrava nato per fare sto sport, io invece ero agile come un tasso morto in mezzo ad un autostrada.

Non tutti sanno che avevo così paura di salire sull'Optimist che il gerarca, pur di insegnarmi ad andare in barca, mi prendeva al traino e, non di rado, anche a Madonne. Io in fondo al mio cuore volevo solo stare seduta sul divano a mangiarmi il latte e cereali. Volevo stare sul divano a mangiarmi latte e cereali e a guardami in loop tutti i cartoni di Cartoon Network. Alla fine mi sono lasciata convincere per due motivi. Due menzogne, cari amici, ma a 6 anni sei ingenuo, pendi dalle labbra dei tuoi genitori. Mi avevano detto che avrei praticato questo sport solo d'estate e che ci sarebbero stati dei limiti di vento.

Non mi sono preoccupata troppo della vaghezza di queste precisazioni e immagino che così, poco a poco si sia formato questo amore. Pensandoci poi, nella mia vita sono state più le volte che ho preso vento e freddo e infinite inc**ate. Non sono le regate che ti fregano, ma tutti quegli infiniti inverni passati al lago di Garda che ti logorano l'animo. Freddo, vento e una sola domanda che ti sorge spontanea: 'ma chi cazzo te lo fa fare'. Spoiler, se questa domanda non ti sorge o sei straricco e gli inverni te li vai a passare ad allenarti ai Caraibi, con i locali che ballano Maracaibo, oppure sei un sociopatico, uno di quelli a cui hanno sostituito il cervello con una poltiglia informe, controllato da qualche multinazionale vittima di un complotto. Si scherza, ovviamente, ma se questa domanda non ti è mai sorta, una visita di controllo dal neurologo io la farei. Io me lo sono domandato tante volte chi me lo facesse fare amici, pensate lo sconforto nel rispondermi che ero proprio io l'artefice dei miei mali.

Alla fine navigare è come una droga e tu hai questa strana forma di dipendenza della quale non ti riesci mai a liberare del tutto. Ti si muove il cuore con le onde e quando torni a terra non sei mai lo stesso e un po' ci soffri, di mal di terra dico. Ogni secchiata d'acqua che prendi, ogni raffica che ti taglia la faccia, ogni volta che cinghi, (mi scusino i non laseristi), tutto ti fa sentire felice. Personalmente io mi sentivo viva.

È vero, amici, questa rubrica era nata come un resoconto ironico dai campi di regata di tutto il mondo per ridere delle mie disavventure in condizioni improbabili che probabilmente avrebbero fatto felice solo l'australiano di turno che avrebbe scavato la fossa del comitato di regata incompetente di turno. Ed è proprio così che deve finire la mia carriera velica, con una risata. Da Miami 2018 a Enoshima 2019, passando per Melbourne 2020, Kiel 2017, Varna 2021....tutte regate dove avrei preferito che un Dio in cui non credo di salvarmi il sederotto o di farmi andare a fondo a cantare con i pesciolini (anche se in fondo al Pacifico non voglio sapere che cosa cazzo nuoti), tutte passate a ridere per non piangere, dove possibilmente ho patito un freddo bestia e le pene della Via Crucis con tanto di Madonna e Padre Pio che ti aspettano con il cerino all'arrivo. Ad ogni modo, non vi libererete di me, tornerò con nuovi racconti dai campi di regata per sfruttare l'unico vero talento naturale che ho, ovvero, quello di pensare, fare e scrivere cazzate. Ciao amici.

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