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01/04/2011 - 12:43

Intervista impossibile a Cockshott, il progettista

Hello George!
Talk on Dinghy 12?

Intervista esclusiva (e paradisiaca) a Gorge Cockshott, l'avvocato inglese progettista e "papà" del Dinghy 12. Che parla del passato, del presente e del futuro di questa barca, alla vigilia di un'altra lunga stagione...
 

 
Saily.it pubblica la particolare intervista che un appassionato redattore ha avuto recentemente il privilegio di ottenere per "Dinghy News" direttamente da George Cockshott, il progettista del Dinghy 12' piedi. Lo ha incontrato nel tea room del "Lates Dinghy Club" in Galassia Avenue, in un pomeriggio della prossima primavera (...lì presente, passato e futuro sono sullo stesso piano). Distinto, elegante come sempre l'avvocato inglese si è concesso volentieri alle pressanti domande anche se è apparso palesemente più interessato a sapere che fine aveva fatto la sua barca  e dove sarebbero arrivati gli estremisti in cerca di innovazioni.
 
D. - Quando nasce la sua passione per la barche e per la vela?
 
G.C. - Mi era dilettato sin da piccolo a costruire modelli e disegnare barche così quando nel 1912 la Boat Racing Association (BRA) indisse un concorso per la progettazione di una barca a vela e a remi, semplice e con caratteristiche uguali, adatta per regata e utilizzabile come tender per i grossi yacht allora in uso - sulle 20 tonnellate circa - decisi di partecipare anch'io.
 
D. - Erano stati posti dei parametri per il progetto o era a tema libro?
 
G.C. - La BRA aveva posto soltanto i seguenti parametri: la lunghezza 12 feet, la superfice velica 100 sqf e lo scafo tondo a clinker.
 
D. - E lei risultò vincitore?
 
G.C. - Si, su ben undici partecipanti, alcuni professionisti, altri dilettanti.  Precedentemente avevo già ottenuto premi in altri concorsi, ma quella volta il mio progetto rispondeva meglio alle richieste della BRA. 
 
D. - Il progetto divenne immediatamente esecutivo e come fu accolto nel mondo dello yachting?
 
G.C. - I primi otto BRA footers (come furono inizialmente chiamati) vennero costruiti da Shepherd at Boeness Lake Windermere al prezzo di 20 sterline caduno e la classe si diffuse rapidamente anche fuori dell'Inghilterra, in Europa e nell'Impero inglese, nonostante lo scetticismo dello Yacht Racing Association il cui vice presidente arrivò a definire il Dinghy 12' come "It is the worst design I have ever seen!" (questo è il peggior disegno che io abbia mai visto!)
 
D. - I fatti poi lo hanno clamorosamente smentito in pieno e il successo del Dinghy, fermato soltanto dagli eventi bellici della prima guerra mondiale, approderà  ai massimi riconoscimenti come lo "status di stazza internazionale" e le Olimpiadi.
 
G.C. - Si, sono state effettivamente grandi soddisfazioni e non mi sarei mai aspettato un successo simile soprattutto in Italia dove, una volta affermato, i numeri sono stati davvero eccezionali.
Ho seguito fino al 1952 le vicende italiane, poi sono stato trasferito definitivamente quassù e quel poco che sono riuscito a sapere l'ho sentito dai vostri timonieri che di tanto in tanto incontro nel nostro club, ma sono in tanti e se ci mettiamo a parlare non la finiamo più perché ognuno ha una storia da raccontare.
 
D. - Che idee s'e fatta sulla situazione del Dinghy in Italia alla soglia dei 100 anni dal suo progetto?
 
G.C. - Idee qualcuna, confusione molta. La barca ha resistito tanti anni e adesso sembra che qualcuno vuole stravolgerla.  Per esempio, a chi è venuta l'idea di tentare di togliere i chiodi e poi anche i paglioli e la panchetta di poppa? Ma dico sono impazziti!
Bene avete fatto qualche anno fa a realizzare gli scafi con i materiali moderni, come la chiamate, ...vetroresina?, ma perché mettere le mani sul progetto originale per quelli di legno?
Mi sono dovuto raccomandare a Saint James per fermare i rinnovatori ad oltranza ed insieme abbiamo individuato l'unico umano di cui potevamo fidarci e lo abbiamo posto sotto la custodia dello Spirito Santo.
 
D. - Allora è così che è stato salvato il Dinghy originale!  E di grazia è troppo se Le chiedo il nome dell'unto dal Signore?
 
G.C. - Nomi non sono autorizzato a farne, né di profeti né di infedeli.  Posso dirvi soltanto che si tratta di una scelta a lungo ponderata e di un nominativo al di sopra di ogni sospetto che come tale spesso è frainteso e qualche volte vilipeso, ma ha anche le qualità per resistere.
 
D. - Cosa sa del processo in corso per ridare al Dinghy lo status internazionale ufficialmente riconosciuto?
 
G.C. - Ho sentito qualcosa da mister Bariffi in uno dei nostri ultimi incontri. Com'è strano il genere umano!, prima per troppa trascuratezza perde valori importanti e poi si dove affannare nel tentativo di riconquistarli. Certamente va fatto tutto il possibile e bisogna approfittare del successo che attualmente il Dinghy sta nuovamente vivendo.  
 
D. - Mister George, grazie per la Sua disponibilità e grazie per avere creato la barca dei nostri sogni. Noi amanti del Dinghy cercheremo di onorare la Sua memoria e siamo impegnati tutti insieme, timonieri e barche di qualunque razza, colore e tipologia di scafo,  per fare si che il Trofeo a Lei intestato e la Coppa che fu Sua che attualmente lo rappresenta, possa presto essere il Campionato del Mondo.   Non possiamo chiudere questa intervista senza però rivolgerLe un'ultima domanda. Cosa pensa della nostra AICD che adesso ha una donna, convinta dinghista, a capo?
 

G.C. - Sorry! Questa domanda per un appartenente al popolo inglese è incomprensibile! Noi abbiamo una donna a capo del nostro Stato. Voi avete una donna a capo della vostra Associazione. Bene, godetevela e ...God save the Queen!

(Paolo Rastrelli)

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