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26/06/2017 - 16:24

35 America's Cup Match by Louis Vuitton, finale 7-1 per i neozelandesi

L'alba di una nuova Coppa

Emirates Team New Zealand vince la regata del 7-1 e fa sua la XXXV America's Cup Bermuda 2017. Peter Burling (26 anni) diventa il più giovane skipper di sempre a vincere il trofeo. Feste all'alba di Auckland, la città che aspettava dal 2003 il ritorno della Coppa. Si brinda anche in Italia, dove (quasi) tutti hanno tifato ETNZ, e adesso vedono più probabile anche il ritorno di Luna Rossa. E' certo: la Coppa cambierà - SU SAILY TV, I SERVIZI E I COMMENTI, CAYARD E BRUNI

 

La Coppa America torna per la terza volta in Nuova Zelanda, quattordici anni dopo la sconfitta in casa da Alinghi con la squadra degli ex guidati da Russell Coutts. La nazione australe diventa il primo paese a vincere per tre volte lo storico trofeo. Dopo i trionfi del 1995 e del 2000 (difesa contro Luna Rossa), lo squadrone della vela neozelandese era andato sempre molto vicino a riconquistare il trofeo (in finale a Valencia 2007, sconfitto ancora da Alinghi, in finale nel 2013 con l'illusione della vittoria e la bruciante rimonta di Oracle), e finalmente questa volta ha centrato l'obiettivo.

La regata decisiva è stata quasi senza storia, le fasi salienti le trovate su Saily TV nell'ultimo appuntamento del nostro Cayard Report che è stato seguitissimo. Neanche vincere la partenza e girare primo la boa 1 è bastato a Spithill e Oracle: la solita marcia in più di ETNZ e dei suoi pedalatori ha avuto subito la meglio e alla fine quasi un minuto il distacco sul traguardo.

Questa Coppa America numero 35, iniziata con le grandi speranze per Luna Rossa, indicata da tutti come favorita per le scelte di tempo e di organizzazione tecnica e umana, naufragata col cambio di regole in corso e col conseguente ritiro sdegnato proprio degli italiani, al punto da meritarsi il nostro "bollino rosso " NMC (35 it's Not My Cup), molto condiviso, arrivata a Bermuda dopo altre polemicucce (l'annullamento della tappa World Series di Auckland come ritorsione per l'appoggio dei kiwi a Luna Rossa, i progressivi confusi aggiustamenti sulla classe AC50, i favoritismi pro-defender arrivati fino alla disputa delle Qualifier e all'inutile bonus di 1 punto nella finale, la pantomima del protocollo di accordo tra tutte le squadre (tranne New Zealand) sul futuro dell'evento, alla fine si è chiusa almeno con la vittoria del team più "nazionale", più convinto, più unito, più rispettoso dello spirito originario di un trofeo che resta a garanzia della sopravvivenza della vela come sport.

Il tifo degli italiani per New Zealand veniva da queste considerazioni, e dalla speranza di rivedere presto Luna Rossa, forse Mascalzone Latino, magari Azzurra (Riccardo Bonadeo, il commodoro dello YC Costa Smeralda, ha rilasciato una dichiarazione in tal senso che trovate in una news sul nostro magazine). La diatriba su catamarano o monoscafo, a guardare bene, ha poco senso. Quello che conta di più è la vera filosofia organizzativa, tecnica e sportiva dell'America's cup, regolata dal Deed of Gift del 1872 e dai successivi Protocolli. In questo senso, sapere che Coppa e diritti di decidere sul suo futuro sono nelle mani di Grant Dalton, uno che a quasi 70 anni si è commosso ai microfoni dopo il 7-1 raccontando la gioia di aver vinto per il proprio paese, e rendendo omaggio agli sconfitti, è una garanzia. Larry Ellison, sempre più distratto e fuori dal gioco, non poteva pià offrirla.

Come abbiamo scritto in precedenza, Oracle ha iniziato a perdere questa Coppa subito dopo la vittoria del 2013, smantellando piano piano il team, lasciando James Spithill a recitare una parte, restando priva di un vero leader fuori dall'acqua. Al contrario, ETNZ è uscita dal tracollo brutale del 2013 con la solita rocciosa volontà di rivincita.

Grant Dalton in conferenza stampa: "Ci stiamo rendendo conto adesso di cosa abbiamo fatto, riportando la Coppa a casa. Ho saputo che in Nuova Zelanda c'era un inusuale traffico per le strade alle 4 del mattino, con la gente che cercava di andare in ufficio per vedere la finale, una cosa incredibile. Abbiamo un gruppo di persone fenomenale, siamo usciti da alcune avversità notevoli ma insieme ne siamo venuti sempre fuori. Tutti fantastici, ma in particolare Matteo De Nora che ha vissuto con la squadra ogni singolo pezzetto di strada, la Nuova Zelanda gli sarà grata per sempre."

Sempre Dalton: "Dopo San Francisco 2013 avevamo 20 punti di intervento, uno era la tecnologia e ci abbiamo lavorato sodo, non ci siamo posti limiti e abbiamo trovato un paio di cose che hanno rivoluzionato questo sport (ricordiamo che anche i foil furono una trovata dei kiwi, poi subito copiata dal defender nel 2013, ndr). Poi ci siamo guardati intorno alla ricerca di giovani talenti della vela e ho guardato a Peter. lui mi ha detto che avrebbe voluto timonare, allora ci siamo messi a cercare il gruppo di persone giuste per metterlo in condizione di farlo al meglio."

Sul futuro, ecco le prime parole di Grant: "E' importante che la prossima Coppa sia affidabile e alla portata di molti team, ma non bisogna dimenticare che questa è l'America's Cup, uno dei top eventi sportivi mondiali, non una piccola regata di spiaggia. La Coppa non è mai stata economica. Troveremo il bilanciamento, evitare costi protibitivi, ma anche evitare che diventi troppo "cheap" svalutandone gli aspetti agonistici e lo spirito. Svilupperemo un evento che porti con se alcune delle cose buone viste qui, perchè ci sono state parecchie cose positive viste qui a Bermuda. Il fatto che non abbiamo firmato l'accordo quadro non significa che non siamo daccordo con alcuni degli aspetti di questa edizione. Per me detenere la Coppa è un privilegio, non un diritto, e lavoreremo per mettere chiunque in condizione di essere competitivo".

Jimmy Spithill, lo sconfitto: "A nome di Oracle USA voglio congratularmi con ETNZ, hanno navigato meglio di tutti e hanno vinto con pieno merito. E' dura vedere la Coppa e sapere che non la riporteremo a  casa."

BABY BOOM IN NUOVA ZELANDA? - Intanto in Nuova Zelanda le statistiche si aspettano un piccolo baby-boom, a seguito della vittoria di Coppa, perchè secondo consuetudine, tra i festeggiamenti per la vittoria sportiva vi sarebbe anche un forte incremento dell'intimità tra coniugi.

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NEWSROOM - ETNZ HA VINTO LA 35 COPPA AMERICA - Vinta anche la nona regata contro il defender Oracle USA. Il risultato finale non ammette discussioni: 7 a 1 per i kiwi. Peter Burling batte James Spithill (che pure oggi aveva vinto la partenza) anche spodestandolo dal primato di più giovane timoniere a vincere una Coppa America. Un paese e una nazione velica sono in trionfo, e il resto del mondo li guarda, e aspetta di sapere, adesso, come cambierà l'America's Cup, il più importante e conosciuto evento mondiale dello sport della vela, quello capace di creare appassionati e bacino di utenza, e che negli ultimi anni ha diviso più che unire. 

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ASPETTANDO LA REGATA DECISIVA...

Lunedi 26 giugno 2017: può essere il giorno giusto per scrivere la storia dello yachting? A Emirates Team New Zealand, in match-point, basta vincere una regata per prendersi l'America's Cup e farne ciò che vuole (e che è giusto per la vela): può finire con la prima, può servire la seconda. E Oracle USA? Per il defender è "vinci o muori". Molti ricordano la rimonta del 2013, ma stavolta è tutto diverso, e lo stesso Paul Cayard spiega perchè. Diretta Mediaset Premium dalle 19 - E SU SAILY TV, I SERVIZI E I COMMENTI, CAYARD E BRUNI

di Fabio Colivicchi

La doppietta di Peter Burling ed Emirates Team New Zealand, nella domenica che seguiva il primo punto nel match del defender Oracla USA, ha dimostrato che davvero, stavolta è tutto diverso dal 2013. La rimonta di Jimmy Spithill, Tom Slingsby e compagnia, orfani di un certo Ben Ainslie, è poco più di una residua speranza, un miraggio. Questa ETNZ è tutta diversa, questi grinder ciclisti che sudano senza guardare la regata e pensano per 23 minuti di regata solo a riportare la Coppa ad Auckland, questa squadra con il team principal Matteo de Nora, con la roccia Grant Dalton, con la valigetta dei segreti di Luna Rossa portata in dote da Max Sirena e altri ex meno appariscenti ma non meno pesanti, con Glen Ashby che chiama virate e strambate come in una trance guidata da qualche dio maori, con Blair Tuke che fa tutto e di più, tutti questi sono più black magic di sempre.

Il 6-1 con cui si comincia questo lunedi 26 di storia della vela non è l'8-1 di San Francisco 2013. Lo spiega bene Paul Cayard, che se ne intende e che non ha fatto mancare finchè ha potuto la sua dose di ottimismo yankee ai ragazzoni stelle e strisce, ma che alla fine si è arreso. Nel consueto Cayard Report su Saily TV dice: "Qualcuno ancora cita la rimonta celebre del 2013, stessi team, stessa situazione... ma questa volta è tutto diverso, non ci sono soluzioni radicali a portata di mano, le barche sono sviluppate quasi al massimo e non c'è spazio per un 10% di miglioramento in velocità da guadagnare in una notte. Una rimonta potrebbe arrivare solo da regate condotte eccezionalmente bene dal team americano, cosa che francamente è difficile immaginare da quanto si è visto finora..."

Oracle aggressiva e regate perfette. Oggi, ma anche domani. Immaginare di fare sei match senza lasciare spazio ai kiwi per un punto, il misero punto che gli manca per fare la parata trionfale sulla Queen Street di Auckland con il trofeo. La reattività dei 26 anni di Peter Burling non ha niente a che vedere con la passività di Dean Barker nel "comeback" di quattro anni fa. Dal collo del talento neozelandese sembra di veder ciondolare le due medaglie olimpiche, e lo stesso dal collo di Blair Tuke, il suo prodiere, e da quello di Glenn Ashby ciondola quella vinta sul Tornado a Pechino (Qingdao) 2008. Tintinnano, quelle medaglie olimpiche, e anche da tra i caschi, i giubotti con le bombolette di ossigeno, i microfoni, i palmari sugli avambracci, si fanno sentire, vedere. Su Oracle risponde "solo" Tom Slingsby col suo oro Laser di Londra 2012. E' il più talentuoso e anche il più nervoso tra i suoi. Un defender USA a trazione australiana.

Non si sentono e non si vedono Larry Ellison e Russell Coutts. L'impressione forte, quasi l'odore, dell'imminente tracollo e della festa altrui, soffia come un venticello tra le installazioni del villaggio (del resto non particolarmente affollato). Sta per vincere la Coppa America il team downunder, sottosopra, agli antipodi non solo geograficamente ma idealmente, per modo di interpretare lo sport, l'amatissima vela, e l'America's cup. L'unico team a non piegarsi del tutto al mainstream. Singolare che il più grande sconfitto, se davvero oggi o al più tardi domani ETNZ graffiasse il suo nome sull'Auld Mug, sarebbe un neozelandese: per Russell Coutts si aprirebbe probabilmente una fase da "pensionato" di lusso della vela che fu. Lui che ha incarnato tutto e il contrario di tutto, guarderà il 26enne Peter Burling alzare il trofeo, quasi un "millennium", sicuramente un "generazione facebook".

Prima però, le regate. Cosa farà l'animale ferito, all'orlo del precipizio? Vedremo le zampate selvagge di chi vende cara la pelle, sentiremo le urla del condannato? Rischio elevato, metterla sul piano fisico: Jimmy ha già visto che Pete sa stare al gioco, e prendersi una penalità per troppa foga metterebbe subito fine al discorso (come nella prima di domenica). Fare tutto bene e vedere cosa accade, può bastare? Potrebbe, forse, con altri team, con qualsiasi altro team. Ma con Emirates TNZ sembra troppo poco.

Il vento dicono sarà più forte, forse 15 nodi (ma non tutte le previsioni concordano). E' l'altro elemento che può girare le carte a favore di Oracle? Vedremo. Ai kiwi basta anche un pareggio: perdere la prima e vincere la seconda, 7-2 vuol dire Coppa. Perderle entrambe e andare al martedi sul 6-3, sudore freddo e poco più: in fondo ci sono sempre altri due match point pieni ed eventualmente un terzo in comproprietà, nel caso di inimmaginabile e clamoroso spareggio. Jimmy Spithill ha detto: "Non dobbiamo pensare di vincere sei regate, dobbiamo vincerne una per volta". 

Tra foil, elevators, idraulica e wingsail, oggi più che mai, in questo lunedi 26 che può entrare nella storia dello yachting, conteranno gli uomini: occhi, cuore, cervello, mani, gambe. Buon vento, buona vela di Coppa America 2017, e a tra poco.

DIRETTA MEDIASET PREMIUM (CANALI 371 E 381) CON STEFANO VEGLIANI E IL COMMENTO DI LORENZO BRESSANI

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