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30/07/2014 - 18:02

Challenger of record: ormai non serve più?

Coppa America, partita a poker

Il detentore Oracle chiama a raccolta i challenger annunciati (Luna Rossa, Ben Ainslie Racing, Artemis Racing e Team France), e tutti insieme firmano un lapidario comunicato che traccia le linee-base dell’America’s Cup, di oggi e di domani. La figura del Challenger of Record è ormai superata. Qualcuno bluffa, o hanno fatto i conti senza l’oste (Team New Zealand)?
 
di Fabio Colivicchi

Cara vecchia Coppa America che non ci sei più, quei bei tempi in cui gli yacht club salivano sulla barca del vincitore per consegnare la busta con la sfida, battere i concorrenti e diventare il primo sfidante, il “Challenger of Record”, colui che sedeva al tavolo col defender, contribuendo a scrivere le regole a cominciare dal Protocollo secondo il Deed of Gift, e che – almeno in linea teorica e per un certo periodo – faceva gli interessi di tutti gli sfidanti, come una sorta di rappresentante sindacale.

Certo nella storia questa figura si è persa, annacquata, squalificata da certi club creati ad-hoc, assai più vicini (se non sodali) del defender che degli altri sfidanti che avrebbero dovuto rappresentare e tutelare. Non ci sono più i challenger of record di una volta. Pensate a quando è toccato a Luna Rossa nel 2003, ruolo arrivato sull’onda della grande finale del 2000, dell’amicizia e stima reciproca con i detentori neozelandesi, eppure interpretato fedelmente in senso filo-sfidanti, a tal punto da portare al clamoroso ribaltone di Alinghi, che vinse imponendo una reinterpretazione delle regole di nazionalità (comprando in blocco il dream team kiwi, da Russell Coutts in giù), e superando l’ostacolo di un club che non aveva neanche una sede a mare, come dettato dal Deed of Gift.

Invece nell’era moderna il defender si fabbrica i challenger of record in casa. Ci aveva provato Ernesto Bertarelli, e per questo fu portato alla Corte Suprema di New York da un certo Larry Ellison, il quale poi – è storia recente – sta surclassando il maestro, facendo assai peggio. Il ruolo del “primo sfidante” ha perso talmente importanza che nelle ultime due edizioni dell’America’s Cup abbiamo assistito alla “rinuncia”, al ritiro delle sfide. Prima Mascalzone Latino (Club Nautico Roma), e poi Team Australia (Hamilton Island YC).

Vincenzo Onorato e Bob Oatley si somigliano: una passione sconfinata per la vela, manifestata con tante barche, tante regate, tante vittorie, la collaborazione con grandi velisti, fino alla passione per la Coppa. Ma entrambi hanno fatto la faticosa scelta di abbandonare, sul più bello, il ruolo di challenger of record. Onorato dopo aver supportato la scelta del multiscafo di Coutts, Oatley dopo aver avallato il passaggio alla nuova classe AC62. Oracle e Mascalzone avevano presentato la Coppa in Campidoglio, a Roma, sotto la statua del Marco Aurelio. Oracle e Team Australia avevano presentato la Coppa con tutta la voglia australiana di rinverdire i fasti del 1983. E in entrambi i casi sappiamo come è finita. Con la fuga del challenger of record. Con ragioni simili: insostenibilità economica della sfida in questi termini. Non è che Onorato e Oatley sono diventati poveri, è il ruolo, la funzione, l’effettiva forza del challenger of record, ad essere ormai svilita. E ad opera di chi proprio su questo ha conquistato il Trofeo, prima in Tribunale poi in una regata abbastanza farsesca tra il trimarano e il catamarano.
 
Breve premessa storica per arrivare a commentare i nostri giorni: lo “statement” di Oracle e dei  quattro sfidanti, che riportiamo integralmente qui sotto nella versione italiana di Luna Rossa (singolarmente le comunicazioni ufficiali stanno arrivando da Oracle e Luna Rossa) cancellano di fatto la necessità effettiva di un challenger of record. Gli sfidanti annunciati sono solo 4, e tutti insieme cantano la stessa canzone del defender. Ok al presente e futuro delle World Series, dello sviluppo commerciale, del “contenimento dei costi”, ok persino a una qualunque delle due località in ballo per il 2017, Bermuda e San Diego (con tanto di schemi sui campi di regata e statistiche sul vento), ok soprattutto a vedersi con regolarità e discutere (per verosimilmente concordare) su tutto. Messa così, a cosa serve ancora un rappresentante degli sfidanti?
 
Ma è davvero tutto oro quello che luccica? Pensate che Ben Aisnlie, per quanto “amico” di Coutts (con cui ha vinto l’ultima Coppa) ed ex stipendiato di Ellison, dopo aver dichiarato di voler riportare il trofeo in Gran Bretagna, accetti di fare la bella statuina? E pensate che Patrizio Bertelli e Max Sirena, con in record di sfide alla Sir Thomas Lipton, siano disponibili a una pantomima? E Franck Cammas, dopo tutte le tempeste e gli oceani, è pronto a farsi coinvolgere in una regata virtuale con il vincitore annunciato? E soprattutto: dov’è Team New Zealand? Grant Dalton tace, da Auckland non arriva un solo segnale. Ma i kiwi sono la più grande entità dell’America’s Cup degli ultimi 20 anni, sono stati sfidanti, detentori, defender e ancora sfidanti, sempre finalisti, sempre vincenti, front-runner, decisi, cattivi, finanziati dal Governo. Il silenzio che arriva dalla Nuova Zelanda non significa che sono fuori.
 
La scadenza delle iscrizioni alla XXXV America’s Cup è il prossimo 8 agosto. Ci siamo. Motivo in più per non comprendere del tutto lo strano “statement” dei 5 giocatori in pista. In pista poi: Team France ha trovato i soldi e presenterà la sfida entro l’8 agosto? Tutto da vedere. E i kiwi ci saranno? Quasi sicuramente si: e saranno fuori dal coro. Ci sarà un challenger of record almeno “formale”, nel senso di “primo” in termini di tempo a presentare la sfida. Sarà Luna Rossa? E una volta acquisito il ruolo continuerà a cantare in coro con Oracle? Proprio sicuri? La sfida italiana e la quinta Luna è di gran lunga più avanti di tutti: se avesse il boccino in mano come lo userebbe?
 
Insomma, ancora una volta l’America’s Cup sembra aprire scenari senza altri confini che non siano quelli (straordinariamente vasti, alla prova dei fatti e delle interpretazioni) dell’Atto di Donazione. Ruoli, regole, tempi, volontà, passioni, tecniche, strategie, e alla fine anche la vela e le regate, sono soggetti a continue mutazioni con una sola grande stella polare: qualcuno vuole vincere, e fisicamente mettere le mani, sul trofeo più antico dello sport. Senza esclusione di colpi.
 
Per questo continueremo a vederne delle belle. E su Saily, sarete in prima fila.
 
IL COMUNICATO CONGIUNTO DI TUTTI I TEAM
Oracle Team USA ha organizzato un incontro con i quattro team iscritti, o che prevedono di iscriversi entro l’8 agosto 2014, alla 35^ America’s Cup: Luna Rossa, Artemis Racing, Team France e Ben Ainslie Racing.
La riunione è stata molto positiva e sono stati discussi diversi aspetti. I punti salienti, condivisi da tutti i partecipanti, sono stati:

- Incontri regolari tra tutti i team in modo da collaborare attivamente all’incremento del potenziale della prossima America’s Cup e delle edizioni successive
- Ciascun team prevede di ospitare una tappa delle America’s Cup World Series nel proprio paese o in un paese di sua scelta.
- Tutti i team presenti hanno confermato che – qualora vincessero la Coppa America nel 2017 – le America’s Cup World Series continuerebbero ad essere organizzate
- Impegno nel ridurre i costi sia della prossima Coppa America che delle future edizioni
- I team sosterranno la scelta della località che ospiterà l’America’s Cup, sia essa Bermuda o San Diego
- Creazione di un gruppo di lavoro che collabori alla scelta, alla data e alla struttura della 36^ Coppa America, ponendo così le basi per un evento sostenibile.

NELLE FOTO (COLONNA A SINISTRA, I GRAFICI DEI CAMPI DI REGATA PER SAN DIEGO E BERMUDA, E LA TABELLA DELLE CONDIZIONI METEO DELLE DUE LOCALITA'

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