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11/04/2022 - 16:15

Saily incontra le facce e le storie che scriveranno la vela di domani

Cecilia in Oceano, storia di mare e uguaglianza

CHIACCHIERATA LIBERA CON CECILIA ZORZI – “Quando sei al buio e non ci sono né la luna né le luci della costa, c’è vento e tu stai solo cercando di andare avanti, mi sento come se mi lanciassi in bicicletta dentro ad un burrone”. Giovanissima, determinatissima, liberissima. La faccia più fresca dell’oceano italiano, incontra una ex compagna di squadra sul Laser. E si apre, spiegando il richiamo del mare, i suoi obiettivi, le sue paure. E l’impegno per più donne a vela

 

di Francesca Frazza

Determinata, libera, appassionata. Alzi la mano chi non conosce il nome di Cecilia Zorzi. Cecilia, oltre che ad essere una velista di successo, è una velista completa e, per chi non conoscesse la sua storia velica, è una delle poche veliste italiane ad aver affrontato tutto il percorso che attraversa le classi olimpiche passando dalle infinite, ma gratificanti, boline in laser fino ad arrivare a provare l’ebbrezza che solo un volo sui foil del Nacra ti sa dare. Lei stessa dice: “ho provato più o meno tutto quello che poteva esserci.” Titoli e podi mondiali, podi europei, partecipazioni a coppe del mondo e quel grande sogno a cinque cerchi, quel fuoco che ti brucia dentro che insegui con fare religioso e che non sai spiegare a parole. Non è fede, non è amore, è quel qualcosa che ti spinge ad andare avanti anche quando ti tremano le gambe e pensi che ormai il punto di rottura sia arrivato.

Dopo l’ultima campagna in Nacra e la definitiva esclusione del double mix offshore dalle Olimpiadi di Parigi 2024, mi racconta di come questa scintilla che lei andava cercando si fosse un po' spenta e di come le sembrasse di essere arrivata nuovamente su un binario morto, con l’unica grande domanda di cosa fare con il suo futuro. Mi parla delle sue regate offshore e sugli Swan 36 dicendomi di non aver trovato quella scintilla: “sai quella passione che dici, cavolo, voglio fare questo.”

In pochi credono all’ineluttabilità del caso e persino lei quasi non ci crede quando mi racconta di come questo progetto un po' sia nato dalla casualità degli eventi. Le viene consigliata la classe Mini, le viene detto che è una classe dove c’è bisogno di donne e di velisti bravi e che sarebbe la classe perfetta per lei. Allo stesso tempo la rivelazione, quel sangue che ti ribolle nelle vene e che ti ricomincia a mandare avanti: “rispetto ad Alberto (Bona ndr), che è un professionista della classe, portavo una conoscenza che ti viene dalle derive e che se da lì non passi è difficile da costruire, però è sempre stato un rapporto abbastanza di maestro-allieva. Quando ho fatto i due giri d’Italia senza di lui, in particolare il Nastro Rosa, in cui mi sono trovata per la prima volta ad avere la responsabilità di tante cose e a dover prendere delle decisioni, è stato super terrificante, però è stata anche una rivelazione, mi sono detta, caspita questo è quello che voglio fare.”

Cecilia ha due occhi marroni come la terra, ma quando la guardi in faccia dentro ci vedi il mare. Io il mare l’ho vissuto per venticinque anni, ma quando me lo racconta lei, non posso fare altro che pendere dalle sue labbra e ascoltare in silenzio. “In mare scegli la tua rotta e questa libertà non è comparabile con nulla di quello di cui ci circondiamo a terra: è qualcosa che mi manda fuori di testa. Contano poche cose, dormire, mangiare e rimanere asciutti, che sono cose che in fondo, protetti dai nostri porti e al sicuro da questa grande ed inesplorata distesa blu, diamo per scontate.”

Il racconto di Cecilia è così intenso che per un istante sembra anche a me, che sono seduta al tavolo a prendere appunti, di provare le stesse emozioni: “La cosa che poi mi ha colpita un sacco è la connessione che il nostro corpo ha con la luce del sole, è una cosa a cui, quando sei qua fai poco caso, ma quando sei in mare che non hai altro ti rendi conto di quanto poi alla fine ti influenzi. Il momento più bello è sicuramente l’alba, al di là dei colori, passi dal buio pesto, dal non vedere quello che succede, dal freddo a vedere il sole che esce ed è assurdo, è un legame che ho trovato solo in mare.”

Personalmente, quando si parla di oceano, sono sempre un po' stranita e infatti le domando se ci sia stato qualche momento in barca dove lei abbia provato paura o dove comunque, nonostante le circostanze, le siano serviti i nervi saldi. “Durante la RoundItaly 2021, in Class 40, abbiamo girato Leuca e abbiamo preso una botta di vento veramente forte con onda molto formata e una cosa dei Class 40 a cui non ero abituata è che non stai in barca, hai il salvagente con un ombelicale con cui tu ti agganci per non cadere in acqua e con uno di questi due agganci, al di là del mettermi in sicurezza, mi legavo in modo da non muovermi proprio. Una sera stavamo passando davanti a Brindisi, era notte, faceva freddo, c’erano onde molto grosse e i miei due co-skipper si stavano riposando. Io ero fuori al timone e ad un certo punto mi è partita la barca da sotto i piedi e sono caduta. Il pensiero che ho avuto è non ho via d’uscita, posso solo stare lì e trovare la forza di andare avanti, aspettando che passi. Non è che dici, ora mi fermo e vado a casa. Ogni tanto penso che siamo pazzi. Quando sei al buio e non ci sono né la luna né le luci della costa, c’è vento e tu stai solo cercando di andare avanti, mi sento come se mi lanciassi in bicicletta dentro ad un burrone sperando di non beccare nulla.”

Ascoltando queste avventure mi chiedo se, in questo suo lungo percorso attraverso la vela, sia cambiato qualcosa, soprattutto per quanto riguarda l’approccio emotivo. Cecilia mi risponde che in realtà sempre di sport stiamo parlando. La vela è uno sport che ha mille volti e mille modi di essere praticato, ma la determinazione, la convinzione e l’impegno che metti per arrivare a raggiungere i tuoi obiettivi sono gli stessi, che tu stia regatando tra le boe o che tu stia cercando di attraversare un oceano. Certo, quando navighi in oceano, mi dice, non basta solo un metodo rigoroso, devi saper riparare qualsiasi cosa si rompa, devi imparare a dormire, devi saper scegliere una rotta, la tua rotta e convivere con il fatto che potresti scoprire che la tua rotta è sbagliata solo giorni dopo e quindi di dover ricominciare tutto da capo, sapendo che i tuoi avversari in quel momento potrebbero essere a miglia di distanza.

La cosa più difficile, mi confessa e io ci credo, in questa parte del progetto “Cecilia in Oceano”, ovvero la traversata dell’Atlantico nel 2023, è rimanere fiduciosi in sé stessi nonostante tutte le porte che ti vengono chiuse in faccia. Presenti un progetto in cui fondamentalmente stai mettendo anima e corpo e sentirsi dire di no è dura. Ancora una volta arrivi al punto di rottura, piangi perché gli ostacoli sembrano invalicabili e allora trovi conforto in quella scintilla che ti si accende dentro ogni volta che pensi al tuo obiettivo. Metti giù la testa e ricominci da capo: “vai avanti, mandi quella mail in più e ci metti la faccia, per cercare di arrivare all’obiettivo, ed è questo che fa la differenza. La fiducia in sé stessi è la chiave di tutto, ma avere anche qualcuno, i miei genitori che ci credono e sanno che è difficile, ma che è qualcosa per cui vale la pena andare avanti, mi ha aiutato molto ed è quello anche, forse, il motivo per cui sono qua. In più nel mio piccolo comincio avere un minimo di seguito e di riscontri, anche di donne, che mi dicono di non mollare e che di queste cose c’è bisogno. Questo ti da un booster di fiducia veramente senza prezzo.”

Quando inizi un progetto, comunque, due conti li devi fare e soprattutto ti devi domandare perché lo fai. La sola passione, anche se ti brucia dentro, non basta. Cecilia mi dice che il progetto, fine a sé stesso e come investimento personale, non è quello che l’ha spinta ad intraprendere un viaggio verso l’attraversata dell’Atlantico. “Credo che una grandissima parte di queste avventure sia la condivisione, infatti, quello che poi vorrei fare con questo progetto, è che mi piacerebbe raccontarlo per dare la possibilità alle persone di vivere questa esperienza insieme a me.”

Ma c’è qualcosa di ancora più grande che ha spinto Cecilia in questo percorso: “Se io mi imbarco in questa nuova avventura, poi arrivo alla fine e cosa mi rimane? Quindi, riflettendo su tutte le cose che mi sono successe negli anni mi sono detta di voler fare questa cosa, tenendo conto dei problemi seri che ci sono, legati soprattutto alle possibilità che le donne hanno in qualsiasi campo. Mi sono resa conto che è davvero difficile per una ragazza trovare il proprio spazio al di fuori delle Classi Olimpiche. Quindi mi sono detta che, imbarcandomi in questa avventura avrei potuto creare delle possibilità per altre ragazze e che allora ne sarebbe valsa la pena.” Che la vela sia uno sport ancora chiuso alle donne è qualcosa di palpabile e di inconfutabile e la partecipazione femminile, al di fuori del mondo Olimpico, è ancora estremamente disincentivata. Di progetti come quello di Cecilia Zorzi, allora, c’è tanto bisogno e rappresentano una speranza per un futuro più inclusivo.

A chi ti ispiri, le chiedo. Mi racconta della sua esperienza con Magenta Project, un progetto al femminile fondato dalle donne che nel 2013 avevano preso parte alla Volvo Ocean Race con team SCA. Il loro obiettivo, come quello di Cecilia, è di dare più opportunità alle donne nel mondo della nautica. “Ho visto con i miei occhi tante ragazze che stanno tentando di fare la stessa cosa e che hanno gli stessi problemi. Le donne che mi ispirano sono poi anche tutte le ragazze che ne fanno parte e vedere altre donne che cercano di fare la stessa cosa è il motore più grande ed è questo il motivo per cui vorrei portare avanti questo progetto, perché penso che l’esempio sia la cosa più potente. Credo che i grossi problemi partano dalla scuola vela e che sia una questione anche di poca conoscenza e che quindi se i genitori in primis vedono che ci sono donne che lo fanno e che lo fanno bene, alcuni problemi si potrebbero risolvere.”

Determinata, libera e appassionata. Questa è la storia di Cecilia Zorzi e chi all’inizio ha alzato la mano non sapendo bene chi fosse questa donna, si dovrà ricredere perché Cecilia farà ben presto parlare di sé.

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