Storia | Regata > Vela Oceanica
14/03/2012 - 20:30
Una tavola rotonda denuncia: velocità fuori controllo e rischio infortuni
Una tavola rotonda denuncia: velocità fuori controllo e rischio infortuni
Allarme da Auckland: i V070 sono pericolosi!
Velocità elevate e fuori controllo, reazioni impreviste alle onde, gravi rischi per gli equipaggi. Una tavola rotonda in Nuova Zelanda lancia l'allarme sui pericoli che si corrono a bordo delle barche del giro del mondo Volvo Ocean Race. E gli organizzatori corrono ai ripari
(Fabio Colivicchi) Le velocità dei V070 di ultima generazione impegnati al giro del mondo sono elevatissime, e non tengono conto delle condizioni spesso rischiose causate dal moto ondoso. Crescono le preoccupazioni sulla sicurezza dei velisti a bordo degli yacht. In particolare esposti a urti tremendi nell'impatto con le onde, quando gli scafi lanciati in velocità frenano bruscamente, o quando enormi quantità d'acqua invadono la coperta, come un piccolo tsunami...
Bisogna correre ai ripari: è la discussione lanciata da un panel durante la quarta conferenza High Performance Yacht Design, tenuta in questi giorni ad Auckland in Nuova Zelanda, proprio nei giorni in cui sono ormeggiate qui le 6 barche della Volvo Ocean Race. Il direttore della regata Jack Lloyd ribatte che sono già in corso dei passi concreti e altri sono stati pianificati per ridurre i rischi, soprattutto di ferite al volto, per i concorrenti.
Sotto accusa è l'area considerata più pericolosa a bordo di un V070: quella a prua dell'albero, dove le onde si schiantano con una forza immensa alla velocità di 30 nodi e oltre. Nel corso dell'ultima edizione della Volvo Ocean Race, un velista perse la vita dopo essere stato catapultato fuori bordo da un'onda.
Alcune misure di sicurezza sono state già introdotte e adottate, per aumentare la sicurezza sul ponte, e secondo le regole attuali, le vele di prua devono essere infierite sullo strallo anziché utilizzare pellicole luff, allo scopo di garantire una loro gestione più sicura.
"Il prossimo passo - afferma Lloyd - sarà quello di prevedere delle vele avvolgibili, per tenere il più possibile l'equipaggio lontano dall'estrema prua. Stiamo già seguendo indicazioni di velisti e progettisti che suggeriscono soluzioni per una più sicura e facile gestione delle barche e delle attrezzature. Inoltre ciò indica una loro propensione ad accettare nuove regole o cose che saranno introdotte per aumentare la sicurezza."
Alla conferenza ha assistito una platea di oltre 400 persone, la Nuova Zelanda conferma la sua vasta tradizione velica e di attenzione verso la vela oceanica (qui la Volvo o Whitbread che dir si voglia, l'hanno anche vinta più volte...), seguendo gli interventi di designers e velisti che si sono confrontati su questioni strettamente attuali e attinenti il giro in corso. Per gran parte degli interventi, la questione principale ha riguardato il problema dell'acqua che frange continuamente in coperta, da prua a poppa, in navigazione su queste barche.
"C'è poco da fare quando un muro d'acqua si scarica in coperta a 35 nodi - afferma Simon Fisher, timoniere di Abu Dhabi in questa Volvo - E diventa difficile anche solo reggersi al timone e vedere dove si sta andando!"
Rob Salthouse, uno dei timonieri di Camper with Emirates Team New Zealand, la barca di casa, ha confermato che la maggior parte degli infortuni occorsi ai velisti è stata causata dalle cadute provocate dalle onde che frangono in coperta. "Una delle preoccupazioni maggiori è l'accelerazione di queste barche. Quando si salta giù da un'onda, la barca è come un turbo-compressore, è difficilissimo restare in piedi. Secondo Salthouse sarebbe interessante sperimentare quante persone del pubblico provando la barca in un parco a tema, desidererebbero restare a bordo per più di due minuti!
Gautier Sergent, componente del design team di Groupama, vincitore della tappa di Auckland, ha detto che se la potenza delle barche è il Sacro Graal dei progettisti, si deve considerare che essa non genera solo velocità, ma anche immensi carichi. Non sono mancati i tentativi da parte dei progettisti di trovare forme e configurazioni che aiutassero la prua a non infilarsi nell'acqua e alzare onde a bordo, qualcosa di simile agli studi aeronautici, con forze che potessero generare spinte verso l'alto nel piano velico e nel raking dell'albero. Lo ha ricordato il designer francese Guillaume Verdier, con quanto fatto sui monoscafi Open 60 da giro del mondo in solitario, per i quali è stata data maggiore attenzione alla protezione dei navigatori dagli elementi. Il confort stesso è una componente della prestazione: "La capacità di un marinaio che ha freddo ed è zuppo è enormemente ridotta", ha detto Verdier.
Giovanni Belgrano, ingegnere strutturale italiano del team Emirates New Zealand ha affermato che quando è stata resa nota la regola di stazza del nuovi Volvo 70, la prima impressione fu sulla grande potenza che si poteva mettere in queste barche. Si poteva facilmente creare qualcosa di pericoloso, ma poi sono stati introdotti sviluppi nella giusta direzione, per rendere più marine le barche.
Fisher ha osservato che la prima generazione dei 70 piedi Volvo ha sofferto rotture della chiglia e problemi strutturali. "Oggi le strutture sono molto più solide e gli scafi lavorano assai meglio, ma resta la necessità di diminuire la quantità d'acqua a bordo per dare maggior comfort ai marinai."
Tutti hanno convenuto sulla capacità di capire quando è il momento di alzare il pedale dall'acceleratore. Tony Mutter, capo turno a bordo di Puma, ha ricordato una esperienza precedente a bordo della vittoriosa ABN AMRO. Un testa a testa attraverso l'Oceano del Sud, durante il quale furono coperte 2500 miglia in soli cinque giorni, con Movistar rimasti attaccati a loro tutto il tempo. Poi Movistar ha preso un vantaggio di 10 miglia e il dibattito a bordo di ABN AMRO era se spingere di più. Lo skipper Mike Sanderson in quella occasione optò per un approccio più prudente nella convinzione che i rivali stessero rischiando troppo. Poco dopo la radio gli ha dato ragione, perchè la barca di Movistar si è rotta...
"Con queste barche, si deve alzare il piede dal gas, a volte - ha detto Mutter - Se non lo fai, si romperà la barca. Ogni equipaggio ha il suo diverso livello di 'back-off', basato sulla propria esperienza." E Simon Fisher ha aggiunto: "L'istinto competitivo ti porta sempre a spingere, ma si è sempre in bilico se andare al 100%, o frenare per non rompere nulla."
L'ultima parola è di Ian Campbell della Southampton University. "La Volvo Ocean Race e gli yacht Volvo 70 sono quello che si è deciso fossero: il massimo della tecnologia per dei monoscafi da regata in mare aperto. Questa è una regata. I marinai sono qui per regatare, e continueremo a vederne delle belle!"
La conferenza è stata supportata dall'associazione per il Commercio e l'Impresa in Nuova Zelanda, Auckland Eventi Turismo e Sviluppo Economico, North Sails NZ, Builders Core, SP High Modulus.
(Fabio Colivicchi) Le velocità dei V070 di ultima generazione impegnati al giro del mondo sono elevatissime, e non tengono conto delle condizioni spesso rischiose causate dal moto ondoso. Crescono le preoccupazioni sulla sicurezza dei velisti a bordo degli yacht. In particolare esposti a urti tremendi nell'impatto con le onde, quando gli scafi lanciati in velocità frenano bruscamente, o quando enormi quantità d'acqua invadono la coperta, come un piccolo tsunami...
Bisogna correre ai ripari: è la discussione lanciata da un panel durante la quarta conferenza High Performance Yacht Design, tenuta in questi giorni ad Auckland in Nuova Zelanda, proprio nei giorni in cui sono ormeggiate qui le 6 barche della Volvo Ocean Race. Il direttore della regata Jack Lloyd ribatte che sono già in corso dei passi concreti e altri sono stati pianificati per ridurre i rischi, soprattutto di ferite al volto, per i concorrenti.
Sotto accusa è l'area considerata più pericolosa a bordo di un V070: quella a prua dell'albero, dove le onde si schiantano con una forza immensa alla velocità di 30 nodi e oltre. Nel corso dell'ultima edizione della Volvo Ocean Race, un velista perse la vita dopo essere stato catapultato fuori bordo da un'onda.
Alcune misure di sicurezza sono state già introdotte e adottate, per aumentare la sicurezza sul ponte, e secondo le regole attuali, le vele di prua devono essere infierite sullo strallo anziché utilizzare pellicole luff, allo scopo di garantire una loro gestione più sicura.
"Il prossimo passo - afferma Lloyd - sarà quello di prevedere delle vele avvolgibili, per tenere il più possibile l'equipaggio lontano dall'estrema prua. Stiamo già seguendo indicazioni di velisti e progettisti che suggeriscono soluzioni per una più sicura e facile gestione delle barche e delle attrezzature. Inoltre ciò indica una loro propensione ad accettare nuove regole o cose che saranno introdotte per aumentare la sicurezza."
Alla conferenza ha assistito una platea di oltre 400 persone, la Nuova Zelanda conferma la sua vasta tradizione velica e di attenzione verso la vela oceanica (qui la Volvo o Whitbread che dir si voglia, l'hanno anche vinta più volte...), seguendo gli interventi di designers e velisti che si sono confrontati su questioni strettamente attuali e attinenti il giro in corso. Per gran parte degli interventi, la questione principale ha riguardato il problema dell'acqua che frange continuamente in coperta, da prua a poppa, in navigazione su queste barche.
"C'è poco da fare quando un muro d'acqua si scarica in coperta a 35 nodi - afferma Simon Fisher, timoniere di Abu Dhabi in questa Volvo - E diventa difficile anche solo reggersi al timone e vedere dove si sta andando!"
Rob Salthouse, uno dei timonieri di Camper with Emirates Team New Zealand, la barca di casa, ha confermato che la maggior parte degli infortuni occorsi ai velisti è stata causata dalle cadute provocate dalle onde che frangono in coperta. "Una delle preoccupazioni maggiori è l'accelerazione di queste barche. Quando si salta giù da un'onda, la barca è come un turbo-compressore, è difficilissimo restare in piedi. Secondo Salthouse sarebbe interessante sperimentare quante persone del pubblico provando la barca in un parco a tema, desidererebbero restare a bordo per più di due minuti!
Gautier Sergent, componente del design team di Groupama, vincitore della tappa di Auckland, ha detto che se la potenza delle barche è il Sacro Graal dei progettisti, si deve considerare che essa non genera solo velocità, ma anche immensi carichi. Non sono mancati i tentativi da parte dei progettisti di trovare forme e configurazioni che aiutassero la prua a non infilarsi nell'acqua e alzare onde a bordo, qualcosa di simile agli studi aeronautici, con forze che potessero generare spinte verso l'alto nel piano velico e nel raking dell'albero. Lo ha ricordato il designer francese Guillaume Verdier, con quanto fatto sui monoscafi Open 60 da giro del mondo in solitario, per i quali è stata data maggiore attenzione alla protezione dei navigatori dagli elementi. Il confort stesso è una componente della prestazione: "La capacità di un marinaio che ha freddo ed è zuppo è enormemente ridotta", ha detto Verdier.
Giovanni Belgrano, ingegnere strutturale italiano del team Emirates New Zealand ha affermato che quando è stata resa nota la regola di stazza del nuovi Volvo 70, la prima impressione fu sulla grande potenza che si poteva mettere in queste barche. Si poteva facilmente creare qualcosa di pericoloso, ma poi sono stati introdotti sviluppi nella giusta direzione, per rendere più marine le barche.
Fisher ha osservato che la prima generazione dei 70 piedi Volvo ha sofferto rotture della chiglia e problemi strutturali. "Oggi le strutture sono molto più solide e gli scafi lavorano assai meglio, ma resta la necessità di diminuire la quantità d'acqua a bordo per dare maggior comfort ai marinai."
Tutti hanno convenuto sulla capacità di capire quando è il momento di alzare il pedale dall'acceleratore. Tony Mutter, capo turno a bordo di Puma, ha ricordato una esperienza precedente a bordo della vittoriosa ABN AMRO. Un testa a testa attraverso l'Oceano del Sud, durante il quale furono coperte 2500 miglia in soli cinque giorni, con Movistar rimasti attaccati a loro tutto il tempo. Poi Movistar ha preso un vantaggio di 10 miglia e il dibattito a bordo di ABN AMRO era se spingere di più. Lo skipper Mike Sanderson in quella occasione optò per un approccio più prudente nella convinzione che i rivali stessero rischiando troppo. Poco dopo la radio gli ha dato ragione, perchè la barca di Movistar si è rotta...
"Con queste barche, si deve alzare il piede dal gas, a volte - ha detto Mutter - Se non lo fai, si romperà la barca. Ogni equipaggio ha il suo diverso livello di 'back-off', basato sulla propria esperienza." E Simon Fisher ha aggiunto: "L'istinto competitivo ti porta sempre a spingere, ma si è sempre in bilico se andare al 100%, o frenare per non rompere nulla."
L'ultima parola è di Ian Campbell della Southampton University. "La Volvo Ocean Race e gli yacht Volvo 70 sono quello che si è deciso fossero: il massimo della tecnologia per dei monoscafi da regata in mare aperto. Questa è una regata. I marinai sono qui per regatare, e continueremo a vederne delle belle!"
La conferenza è stata supportata dall'associazione per il Commercio e l'Impresa in Nuova Zelanda, Auckland Eventi Turismo e Sviluppo Economico, North Sails NZ, Builders Core, SP High Modulus.
Commenti